L'ISOLA DESERTA

     Seduto  sopra uno scoglio, sul far della sera, don Egidio leggeva, come il solito, la Bibbia. Ogni tanto, sollevava la testa e guardava il mare: dalle onde che s’infrangevano fra i sassi, allungava lo sguardo quanto poteva fino all’orizzonte. Rimaneva un momento con gli occhi fissi tra mare e cielo, e gli capitava di emettere un sospiro.

     C’era stata tempesta in quella fine di marzo, ma ora il mare era tornato quasi calmo e il cielo sereno. Don Egidio sollevò lo sguardo e contemplò l’azzurra distesa; respirò profondamente, poi riprese la lettura.

     Leggeva, quella sera, “Il discorso profetico di Gesù” secondo Matteo: “Or subito dopo l’afflizione di que’ giorni, il sole si oscurerà, e la luna non darà il suo splendore, e le stelle cadranno dal cielo, e le potenze de’ cieli saranno scrollate…”

     Proprio in quel momento, una farfalla, con leggiadro volteggio, agitando ritmicamente le ali, si posò su quella pagina. Era una splendida Vanessa dai colori vivaci, resi scintillanti dai raggi del sole. Don Egidio la fissò ammirato, trattenendo il respiro; pensò che forse era l’unico esemplare, uno dei pochi animali rimasti nell’isola. Durò poco: forse a causa d’un impercettibile movimento, la farfalla si sollevò, volteggiò intorno, si diresse a destra verso il porticciolo. Don Egidio la seguì con lo sguardo; e, mentre si chiedeva perché proprio in quella direzione, tra le tante, infinite possibili, la perse di vista.

     Apparvero in quel mentre, dal piccolo promontorio, la prua e l’albero d’un’imbarcazione. Da quanto tempo non si vedeva un natante da quelle parti? Era un’imbarcazione da diporto di una ventina di metri, con quattro cinque persone in coperta. Seguendone il movimento, don Egidio chiuse il libro; si alzò in piedi; scosse, per liberarsi dal torpore, quel suo corpo secco e allampanato; e si ravviò con una mano i bianchi capelli che la brezza gli aveva scompigliati.

     Restò sorpreso nel vedere la barca accostarsi alla banchina e ormeggiare. Mentre a bordo proseguivano le manovre, un uomo scese a terra; fece alcuni passi, si fermò, diede un’occhiata verso il paese e tutt’intorno. Certo dovette accorgersi della sua presenza perché lo vide dirigersi dalla sua parte. Don Egidio gli andò incontro; e, quando gli fu a portata di voce: “Benvenuto all’isola”, lo salutò.

     “Ben trovato”, rispose l’altro.

     Era un omone, i capelli lunghi e arruffati, la barba incolta, i grandi occhi scrutatori e assonnati: un lupo di mare.

     “Non credo di poterle chiedere che buon tempo vi porta”, disse don Egidio.

     “Infatti: tempesta, tempesta… giorni d’inferno; non mi par quasi vero d’aver ritoccato terra. Ma bando ai convenevoli; c’è un medico da queste parti?”

     “Capiti male, fratello, nessun medico. Niente di grave spero”.

     “Di disperato temo purtroppo. Ho a bordo un naufrago, che abbiamo soccorso due giorni fa e non ha ancora ripreso conoscenza. Ma non mi dica che in tutta l’isola non esiste un medico, qualcuno che possa dare soccorso…”

     “Né medico né altro; non c’è nessuno oltre il qui presente: l’isola è deserta”.

     “E le luci che si vedono in alcune case?”

     “Sono rimaste così, accese, da quando la gente è scappata via. Ogni tanto qualcuna si spegne e non si riaccende più. E’ una lunga, triste storia”.

     “E dire che, avvicinandomi, ho avuto la sensazione che questo dovesse essere un posto lieto”.

     “Lo fu, lo fu, ma molto tempo fa. Mi dispiace doverla deludere. Il bubbone scoppiò poco più d’un anno e mezzo fa, in piena estate, mentre l’isola brulicava di gente; ma la rovina di questa terra cominciò molto tempo prima. Problemi che ormai tutti conoscono, comuni ormai a gran parte della terra: insediamento scriteriato, sovrappopolazione, inquinamento… Si fece un gran parlare di degrado, ma non seguirono iniziative per porre riparo. Ed ecco, in quell’estate, la moria degli animali, dei pesci perfino; e l’avvizzimento delle piante, di tutta la vegetazione. Una desolazione. E come se non bastasse, alcune persone furono colpite da mali strani; ci fu anche qualche decesso misterioso. Si sparsero voci allarmanti. E mentre i turisti prendevano il largo, cominciarono le prime schermaglie tra gli abitanti. Gli uni accusavano gli altri a causa di quei mali; si creò una gran confusione; e, fu la lotta di tutti contro tutti. Le autorità tentarono, in un primo tempo, di placare e rasserenare gli animi; poi furono tra i primi a scappare. In breve, fu il deserto. L’ultimo a lasciare l’isola fu il nostro artista, un uomo di genio, valente pittore, scultore ed anche poeta. Fu per lui un vero dramma la decisione d’abbandonare questa terra. Vorrei saperli tutti felici, ma mi tormenta il pensiero che altrove non avranno trovato granché”.

     Rimasero un momento in silenzio. Gli ultimi raggi illuminavano i declivî; il paesaggio dava la sensazione d’un’enorme scena vuota.

     “Spiacente, comandante, da tempo questo luogo è isolato; è già tanto che ci sia ancora la luce”.

     “Quand’è così, non mi resta…” disse il comandante, ma la frase gli morì in bocca.

     In quel silenzio, si levò tra le case un chiasso di voci di bambini; poi, richiami di donne: le voci e i richiami che si sentono, o si sentivano, in tutti i paesi, borghi e villaggi, al tramonto.

     Il comandante si rivolse a don Egidio con sguardo interrogativo e tono risentito: “Lei si vuol prendere gioco di me… non ha capito…”

     “Immagino quello che pensa”, lo interruppe don Egidio. “Mi spiego subito: le voci che si sentono non sono voci dal vivo, sono voci registrate. Dev’esserci da qualche parte un registratore, che di tanto in tanto si mette in funzione. Non sono riuscito a localizzarlo e, quello ch’è più strano, ho l’impressione che le voci non provengono sempre dalla stessa direzione”.

     “Non vorrà farmi credere che in quest’isola esistano anche i fantasmi”, disse il comandante.

     In quel momento, le voci si tacquero di colpo. I due si guardarono in silenzio; poi il comandante, muovendo qualche passo, disse: “Ho girato mezzo mondo, ma non ho mai visto un posto più strano. Se non avessi il naufrago…”

     “Un’occhiata può comunque darla”, disse don Egidio, intuendo il pensiero del comandante; “poi, se ne avrà voglia, può sempre ritornare”.

     “Non vorrei che i miei cominciassero a svolgere i servizi di bordo che avevo ordinato, è meglio che vada”.

     “Non la tratterrò molto, venga”. Così detto, don Egidio mosse i passi su una stradina. Il comandante stava per opporre un rifiuto; ma non essendo completamente convinto di quanto aveva sentito, lo seguì.

     “Come vede”, disse don Egidio, accennando all’erba che fiancheggiavano e alle poche piante piuttosto stente che fiancheggiavano la via, “come vede, anche questo posto abbandonato sta riprendendo vita, come accade su tutta la terra a primavera. Certo, ci vorrebbe la mano dell’uomo. Quanti siete a bordo?”

     “Col naufrago, siamo in otto. Ma credo, se pensa a questo, che nessuno abbia voglia di sbarcare. A bordo  regna la massima armonia; voglio dire, non esistono grossi problemi”.

     Giunsero ai piedi d’un’enorme statua di Nettuno. Il comandante la guardò ammirato; poi, per soddisfare una curiosità che da un po’ covava, chiese: “Lei perché è rimasto nell’isola? Non crede…” Ma ancora una volta, la frase gli morì in bocca, e si girò di scatto perché avvertì la presenza di una persona; anche don Egidio si voltò.

     Capelli fluenti, barba lunga e incolta, sguardo profondo, il sopraggiunto salutò con un leggero inchino, assestando lo zaino in spalla e poggiando a terra la grande cartella che teneva in mano. I due risposero al saluto, fissandolo con sguardi sorpresi; poi il comandante gli disse con tono risentito: “Non capisco perché quest’uomo voleva farmi credere che l’isola fosse deserta”.

     “Il padre ha detto il vero: lo è purtroppo”.

     “Il comandante è convinto ch’io sia in vena di scherzi”, disse don Egidio.

     “Mi scusi, padre”, disse il comandante, cambiando tono di voce, “non me n’ero accorto. Una volta, con quelle belle tonache, non si correvano certi rischi; vi siete mimetizzati anche voi”.

     “E’ il nostro artista, di cui le ho accennato”, disse don Egidio rivolto al comandante. “Ma non era partito?" chiese fissando l’artista.

     “Avevo deciso di partire, come le dissi salutandola; ma quella volta arrivai che la barca era appena salpata. Avrei potuto segnalare la mia presenza; manifestare il mio desiderio d’imbarcarmi; tentare a nuoto; ma desistetti. Rincasando, nacque in me il desiderio di sperimentare la vita da eremita. Ma, poco fa, non appena ho notato l’imbarcazione, ho proprio deciso di partire, sempre che il comandante mi dia un passaggio”.

     “Volentieri”, rispose il comandante, “la barca è abilitata giusto per nove persone, siamo in otto e il padre non mi sembra intenzionato a lasciare l’isola. Ma l’avverto che non ho una meta fissata e che la barca non è del tutto sicura”.

     “Basta partire”, disse l’artista.

     “Allora andiamo”, concluse il comandante.

     Si avviarono in silenzio verso la banchina. Dopo un po’, don Egidio rivolto all’artista disse: “Facevo notare al comandante che l’isola sta lentamente rinascendo. Avrà notato anche lei che molte piante sono in fiore”.

     “E’ sicuro che queste piante daranno ancora frutti, e che i frutti giungeranno a maturazione?” disse l’artista.

     “Questo non si sa, è nella mente di Dio. Comunque, c’era e c’è del buono in questa terra; e, sono sicuro che ritorneranno, ritornerete, e col nostro amore risorgerà. Sa cos’ho visto l’altra sera? Una coppia di rondoni sfrecciare stridendo intorno al campanile. Ne ho visti due, ma potrebbero esserne arrivati altri”.

     Giunsero all’inizio della banchina, e don Egidio prese commiato. Seguì con lo sguardo i due; e, rimase a guardare finché la barca s’allontanò, finché scomparve.

     Ascoltò lo sciabordìo dell’acqua; respirò il salmastro; strinse la Bibbia che teneva in mano. Diede, come il solito ogni sera prima di rincasare, un’occhiata scrutatrice alla distesa del mare. E gli

parve di scorgere, lontano, nel chiarore, la forma di un natante. E quello che s’intravedeva in fondo in fondo, gli sembravano vele: una barca o addirittura una flottiglia. Ma forse si sbagliava: non si scorgeva neppure una luce.

     Rimase ancora un po’ a guardare; poi s’avviò verso casa. Sarebbe ritornato l’indomani, all’alba.

   

  
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Commenti più recenti

14.11 | 17:22

buonasera Beniamino, sono Rossana dell UNITRE, vorrei acquistare il suo libro in duplice copia, come mi devo regolare?Lei come sta? Scrive nuovi libri? SALUTI

13.12 | 17:28

bravo Beniamino, ammirevoli la costanza, la bravura, l'impegno nella stesura di queste opere, così complesse, con risultati veramente eccellenti