L’Eterno apparve a Satana e gli disse: “Donde vieni?”
E Satana rispose: “Questa domanda non mi è nuova: me la rivolgesti ai tempi di Giobbe, e ti rispondo come allora: ‘Dal percorrere la terra e dal passeggiare per essa’. Quel Giobbe… fu proprio un testardo. Quella volta hai vinto tu; ma per un Giobbe, quanti Caino e Giuda! Quanto tempo è passato e come il mondo è cambiato! In meglio, molto meglio: la terra è diventata un colabrodo; e quanto agli uomini, negli ultimi tempi erano diventati così malvagi che alcuni incutevano paura anche a me. Ed ecco cosa c’è rimasto, guarda!”.
Tutt’intorno, una squadra di robot impalava una vigna. Di statura media rispetto a quella umana, dalle fisionomie diverse, leggermente impacciati, i robot eseguivano il lavoro alla perfezione: non un paletto fuori posto o non ben allineato. L’aria era greve e pungente; l’arcobaleno faceva da ponte tra due monti; in fondo, un mare di vetro.
“Sono fatti ad immagine e somiglianza dell’uomo,” riprese Satana, distogliendo lo sguardo dai robot e volgendolo all’Eterno, “ma non hanno un bell’aspetto, e la barba non c’entra, e poi mancano della parte migliore. Li osservo da giorni; sono tra gli ultimi esseri rimasti sulla faccia della terra e coltivano una delle ultime piante rimaste. Lavorano senza sosta, e a sera s’avvinazzano e si scatenano in danze grottesche alla tenue luce della quasi irriconoscibile luna. A volte accendono fuochi per tenere lontano le iene, anch’esse ormai in estinzione”.
Alcuni robot avevano smesso d’impiantare pali, e ora fissavano i tralci ai sostegni; da qualche ramo sgorgavano gocce di sangue. Un robot stramazzò a terra, gli altri continuarono a lavorare come se nulla fosse successo.
“Negli ultimi tempi,” riprese Satana, “percorsi la terra in lungo e in largo, ma non vi trovai che una landa desolata, senza un’anima viva, e mi chiedevo dove diavolo si fossero cacciati. Da tempo me ne sparivano inspiegabilmente, sempre in numero crescente, tanto da dover sospettare che qualcuno barasse. A un certo punto fu il deserto. Finalmente, fu proprio un robot a svelarmi l’arcano: ‘Erano stanchi d’aspettare, e sono andati a cercarlo. L’ultima astronave è partita da tempo; io dovevo far parte di quell’equipaggio, ma dopo tanto sperimentare m’hanno abbandonato’ “.
Satana stette un po’ in silenzio, poi riprese: “Poveretti, non sapevano più cosa escogitare per lenire il tedio della vita; il loro linguaggio ormai era diventato incomprensibile, e non capivi se pregassero o bestemmiassero. E’ proprio tutto finito: non ci sono più uomini sulla terra, e a dire il vero mi sento un po’ gabbato. Ma si suonino le trombe, è giunta l’ora di fare la conta!”.
L’Eterno, indicando a Satana il cielo, gli disse: “Guarda!”.
Satana osservò: era un tripudio di luce e di colori; miriadi e miriadi di anime stavano in beata comunione. Molto più in basso, orbitavano splendide città.
“ ‘I nuovi cieli’! “ bofonchiò Satana. Aggrottò le ciglia, e rimase senza parola. Dopo un po’ebbe solo la forza di dire: “Però avevi promesso anche ‘la nuova terra’. Hai cambiato progetto, e questo non è leale”.
L’Eterno scomparve. E Satana, in attesa di giudizio, trovandosi disoccupato, accettò di buon grado di dare una mano ai robot, in sostituzione di quello ch’era stramazzato a terra.
Finalmente almeno si sa dove si trova Satana.