Clicca sul libro pe     Queste giornate di gran caldo mi hanno riportato alla mente le giocate di "Patruni e sutta" che si disputavano in paese in quelle giornate calde.
     Si giocava all'aperto sotto un pergolato intorno ad un rustico tavolo rettangolare, seduti su sedie sconnesse e sgabelli, mentre noi ragazzi e qualche adulto curioso assistevamo facendo corona.
     In quel giorno di mezza estate i partecipanti alla partita erano quattro (altre volte erano stati anche sei o otto): Cicchella, Stefano soprannominato Gigante per la sua statura, Giovanni e Franco; compagni Cicchella-Giovanni e Stefano-Franco.
     I giocatori si stuzzicavano e con le loro battute e gli atteggiamenti facevano spettacolo. Faceva spicco la rivalità tra Cecchella e Stefano, due persone che più diverse non potevano essere: Cecchella un uomo tozzo, glabro, gli occhi infossati, le sue piccole mani reggevano a stento le carte; Stefano un pezzo d'uomo, barbuto, gli occhi di falco, nelle sue mani le carte scomparivano.
     Si cominciò con la scopa, i due compagni perdenti avrebbero pagato la birra; persero Cicchella e Giovanni, i quali diedero i soldi al più grandicello di noi ragazzi perché insieme a due compagni andassero in bottega a comprare le bottiglie, molte bottigliette, scatoloni.
     C'era intesa fra i tre di far bere Cicchella fino a farlo ubriacare.
     Intanto si procedette con la primiera e il caso favorì il loro progetto: Cicchella, col punteggio più alto, è "u patruni" (il padrone); Franco, compagno di Stefano, col secondo punteggio, "u sutta" (il sotto).
     Cicchella stappò una bottiglietta e versò il nettare spumeggiante in uno dei quattro bicchieri al centro tavolo poi, con la rabbia che aveva in corpo per aver perso la partita, senza proferire parola, lo svuotò di colpo ed emise un sospiro soddisfatto da fare invidia: "Ah!..."
     Riempì un altro bicchiere e si rivolse al sotto con la frase di rito: "Se mi piace la persona, questo è libero". Franco indicò Stefano, Cicchella rispose con un sorrisetto e guardandolo in faccia, con tono ironico: "Gli fa male ..." , e svuotò il bicchiere. Ne riempì un altro e rivolse al sotto la proposta, nella speranza che questi invitasse a bere Giovanni, il proprio compagno; ma Franco ribadì il nome di Stefano. Cicchella rispose con una smorfia: mai e poi mai avrebbe dato da bere al suo rivale specialmente con i suoi soldi; anzi, avrebbe accettato anche di dare da bere al sotto oltre al proprio compagno pur di lasciarlo "Urmu a sulu".
     Cicchella riempì ripetutamente il proprio bicchiere, bevve e cominciò a sudare. Le bottigliette si svuotavano e continuò a bere, i fumi dell'alcol cominciarono a salirgli negli occhi.
     Ad un tratto si sentì un cattivo odore, in contrasto con l'aria calda e profumata che di tanto in tanto spirava dai vicini giardini, ma la causa non era il sudore del padrone, che ormai gl'irrorava copioso le lisce guance rendendo il suo volto una maschera: si scoprì che Cicchella orinava. Sudava, orinava e continuava a bere.
     Di colpo Cicchella si accasciò facendo cigolare la sedia. Fu sollevato a braccia, caricato sopra un asino e, continuando ad orinare, fu diretto ad una specie di pronto soccorso, mentre noi ragazzi ridendo e schiamazzando facevamo codazzo.


"Urmu a sulu"  (da solo a non bere).r iniziare la lettura.
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Commenti più recenti

14.11 | 17:22

buonasera Beniamino, sono Rossana dell UNITRE, vorrei acquistare il suo libro in duplice copia, come mi devo regolare?Lei come sta? Scrive nuovi libri? SALUTI

13.12 | 17:28

bravo Beniamino, ammirevoli la costanza, la bravura, l'impegno nella stesura di queste opere, così complesse, con risultati veramente eccellenti