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“Riccardo, Sei tu? Sai che non ti riconoscevo più? Sei molto cambiato
...”
“Anche tu me lo
dici? Mia moglie non fa che ripetermelo: ‘Tesoro, non sei più quello …’ Quanti
anni sono passati dai banchi di scuola, ma tu non sei cambiato”.
“Come ti trovi,
come vivi?
“Ti racconto. Sono
rientrato da un lungo periodo di lavoro all’estero; e, dopo qualche giorno, mia
moglie mi dice: ‘Tesoro, sono certa che mi nascondi qualcosa, c’è qualcosa che
non va. ‘Ma no, cara ‒ ribattei ‒, è una tua impressione, vedrai che ricominceremo e tutto
andrà bene come prima’. Lei scuote il capo e s’allontana.
“Certo, dopo tanti
anni trascorsi lontani, è comprensibile che qualcosa sia mutata; ma non è colpa
mia, non è colpa mia se in tanti anni non sono riuscito a rientrare.
“Non siamo più
giovanissimi, abbiamo qualche ruga in più, ma lei è ancora una bella donna,
anche se i suoi azzurri occhioni non hanno più la luminosità e la vivacità d’un
tempo e la sua bionda chioma è più rada; io, nonostante le mie vicissitudini e
un po’ di chili in meno, mi difendo. Ma forse era il mio malumore, causato dal
dolore che mi procurava l’unghia incarnita del mignolo del piede sinistro, a
contagiarla, a farla sospirare; o qualcos’altro che mi sfuggiva. Sento che mi
spia; l’ho sorpresa a occhieggiarmi dietro qualche tenda; a socchiudere qualche
porta come per cogliere qualche mio gesto incontrollato. Una volta non avrei
tollerato, avrei protestato; ora quando la sorprendevo, le facevo: ‘Cucù’.
“Col gruzzolo che
avevo messo da parte, abbiamo comprato una casetta in campagna. Ho cercato di
coinvolgerla nei lavori di ristrutturazione, nella disposizione della mobilia,
ma lei ha seguito senza entusiasmo, quasi con indifferenza; e le poche volte
che è intervenuta, non ci siamo trovati d’accordo. Solo nella scelta dei quadri
ha partecipato con qualche interesse, ma anche allora una discussione.
“Siamo andati da
un pittore nostro amico, specialista in paesaggi. Lei sceglieva paesaggi di mare,
io di montagna. Ad un certo punto sbottò: ‘Ma come, tu andavi matto per il mare
…!’ ‘Può darsi che una volta mi piacesse, ora non più. Si cambia, cara, si
cambia’. ‘Guarda questo: sembra proprio il posto dove si andava a fare i
bagni’. Alla fine abbiamo comprato dei quadri di anonimi paesaggi di campagna,
con tanto verde e tanto azzurro e qualche macchia nera. Lei ha voluto che il
nostro amico le facesse un ritratto.
“La nostra è una
casetta a due piani, ben arredata, situata in collina. Il paesaggio è un
susseguirsi di gobbe tondeggianti a dolce pendio e di campi coltivati di
diverse forme e colori. Ai piedi della collina, a qualche centinaio di metri da
noi, serpeggia un fiume; al di là del fiume, si estende un bosco di latifoglie.
Qua e là, sono sparse delle casette rurali e qualche villa.
“Il sole, come
spunta, ci entra in casa; e c’è tant’aria. Davanti alla casetta c’è un cortile,
e tutt’intorno un orto-giardino. Nel bel mezzo del cortile, spesso troneggia
Teresita, una scrofa di razza pregiata, robusta, dal mantello bianco-rosso, gli
arti sottili e ben proporzionati alle dimensioni del corpo. Dietro la casetta,
abbiamo disposto alcune gabbie con conigli e scoiattoli; la cuccia del cane, un
bel bracco; e, in alto, accanto alla porta d’ingresso, abbiamo appeso una
voliera con un cardellino che canta che è una meraviglia.
“ Dopo tutto il
lavoro, mi aspettavo di sentire da mia moglie una parola di gratitudine, o
almeno di scorgere in lei un gesto di soddisfazione, invece niente. Anzi,
proprio l’altro giorno, rieccola: ‘No, tesoro, c’è qualcosa che non va … non
sei più quello’.
“ Eppure il mignolo
dell’unghia incarnita, che tanto mi aveva tenuto in apprensione e per il quale
avevo temuto l’intervento anche perché un taglio lascia sempre il segno, è
guarito, non mi costringe più alla solita smorfia e sono tornato di buon’umore.
“Tra le tante cose
che mia moglie mi rimprovera vi sono le mie manie; e chi non ne ha? Solo che
lei dice che per me sono stranezze nuove. E tra le cose che la lasciano di
stucco, è la scalata delle sedie. La voglia mi prende all’improvviso ed è
irrefrenabile. Impilo attentamente le sedie una sopra l’altra e tento di
arrampicarmi in alto. Un gioco da bambini, lo so, la scalata alla marmellata,
ma tant’è. Nel tentativo di salire sempre più in su, finisco quasi sempre a
terra; e più salgo in alto, e più quasi sempre, cadendo, mi faccio male. Eppure
continuo nei miei tentativi di arrampicata. Mia moglie lacrima, e non so dire
se più dal ridere o dal piangere.
“Intanto non so se
a causa delle cadute o per le continue angustie di mia moglie, da un po’ di
tempo mi sembra di avvertire un dolorino al fegato; eppure da quando mi è stato
trapiantato ha sempre funzionato. Il fatto risale a tanti anni fa, un
intervento d’urgenza, quando ero sul punto di rientrare a casa per una vacanza.
Non ne ho parlato a mia moglie, anzi, ho fatto di tutto perché non se ne
accorgesse. Ha sempre funzionato, ma decido di fare un controllo.
“ ‘E’ tutto a
posto ‘, m’assicura il medico; oltre al fegato, anche il rene trapiantato è in
ordine. Salutandomi mi dice: ‘Lei camperà cent’anni’.
“Rientro
sollevato. Ma una volta a casa, trovo porte e finestre sbarrate, e mia moglie
non c’è. Non mi ha avvisato che sarebbe uscita, né ha lasciato un biglietto.
“Esco nel cortile.
E’ un pomeriggio di fine estate: c’è un tiepido piacevole sole; giunge calma la
voce del fiume; i colori delle piante sono ancora vigorosi e il profumo ancora
intenso, ma forse solo ancora per poco: c’è già nell’aria qualcosa come in
sospeso e si avverte che l’equilibrio ben presto si spezzerà. Sembra un
paradiso, ma forse ha ragione mia moglie: c’è qualcosa che non va.
“Teresita è
spaparanzata beata in mezzo al cortile, almeno essa non ha problemi. Mi
avvicino e mi siedo al suo fianco. Sonnecchia placidamente; i dieci capezzoli
sono turgidi; l’accarezzo tra la doppia fila di mammelle, e socchiude gli occhi
soddisfatta.
“Arriva con
andatura pesante ma gongolante il bracco; ha un coniglio sanguinolento in
bocca; negli ultimi passi lo trascina, come se volesse mollarlo, lasciando una
striscia rossa sul pavimento. Come ha fatto ad uscire dalla cuccia, e
soprattutto come ha potuto addentare il coniglio?
“Mi precipito
dietro la casetta, e che ti vedo? Tutti gli sportelli delle gabbie spalancati,
anche quello della cuccia, perfino quello del cardellino, e tutti gli animali …
ciao ciao! Solo il cardellino, che mi sembra d’intravedere fra i cardi
dell’orto, mi segnala la sua presenza, con ripetuti ‘sticlitt … stilittit …
tittelitt’. Ma mi giunge anche, da qualche parte, il verso beffardo di un
cuculo: ‘Cucù, cucù, cucù …’.
“E’ la vendetta di
mia moglie. La discussione della sera prima deve averla sconvolta. Cominciò con
Teresita: ‘Quella troia – m’intimò −, non è bello vederla sempre in mezzo al cortile; bisogna
tenerla chiusa, come tutti gli altri animali: par condicio. Disse proprio così:
‘Quella troia’. Poi continuò criticando la mia trasandatezza, quel mio
lasciarmi andare. Io ribattei alla meglio. Aggiunse che da quando viviamo in
questa casa siamo come isolati dal mondo, che non viene quasi più nessuno a
trovarci; insomma ch’era stufa della nostra monotona vita. Ed io a cercare di
calmarla. Le propongo una gita a Venezia; le dico che è la mia Colombina, che
ci ameremo ancora come due piccioncini. Allora mi dice che faccio discorsi a
pera, che non ci può credere, che non ho più cervello.
“Ecco, il
cervello! Dovevo aspettarmelo, il cervello … Certo che quel donatore doveva
essere un bel tipo; del mio dev’esserne rimasto ben poco.
“Lei non si vede
arrivare; chissà cos’ha in mente. Forse avrei fatto meglio a parlarle subito
dei miei trapianti, del mio nuovo stato. Gliene parlerò – mi dicevo −, se non è troppo tardi. Potrei
cominciare accennando la nostra canzone, quella del nostro primo incontro,
anche se il tono della voce non è più il mio da quando mi è stata trapiantata
la laringe; tanto, ormai … La mia nuova voce! I primi giorni m’incuriosì, poi
stentai non poco a familiarizzare.
“L’aspetto
impaziente; gliene parlerò. E intanto mi chiedo, ancora una volta: ‘Il
trapianto di tanti miei organi era davvero inevitabile, oppure sono stato usato
come cavia?’ Il dubbio mi sorse per la prima volta quando mi fu prospettato il
trapianto di un altro mio organo, che funzionava benissimo. Allora mi opposi
con tutte le mie forze: ‘Quello, no!’ E scappai via. Fu allora che decisi
d’abbandonare tutto e di rientrare a casa. Ed ora, all’improvviso, io, essere
di macchine, mi sorprendevo a fare il sofista: ‘Ma dopo tutto questo
sradicamento d’organi, dove mai si sarà cacciata l’animaccia mia? E non è detto
che a mia insaputa non mi abbiano trapiantato anche quella’.
“L’attesi invano,
chiedendomi: ‘Ma oltre a dirle del trapianto del fegato biomeccanico, del rene
clonato, del cervello del buontempone e della laringe di non so chi, dirglielo
o non dirglielo che ho il cuore di maiale?’ “
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