IL BANCHETTO DEGLI DEI
IL    BANCHETTO    DEGLI     DEI         

     L’Aurora dalle rosee dita aveva appena tinteggiato il cielo, e le Ore 1 le fedeli custodi, disperdendo le dense nubi, avevano da poco aperto le porte, quando la dimora degli dèi sulle cime eccelse dell’Olimpo cominciò ad animarsi. Gli dèi lasciando la propria reggia, cominciarono ad arrivare nella sterminata splendida sala e a prendere posto nei dorati seggi; l’ultimo ad arrivare, barbuto e sereno, fu Zeus. Tutti gli dèi al suo ingresso si levarono e gli mossero incontro. Egli maestoso s’assise sul trono e tremò l’Olimpo tutto.

     Come al solito, alla destra del re dell’Olimpo, sedeva la sua sposa Era, poi Poseidone, Hermes, Apollo, Ares ed Efesto; a sinistra, gareggiavano in leggiadria, le bellissime dee: Afrodite, Artemide, Estìa, Atena e Demetra.

     Arrivarono le Muse, le nove figlie dell’egioco 2  Zeus e Mnemosine, generate perché col loro canto donassero l’oblio dei mali. Esse, intrecciando danze belle e soavi, accompagnate con la cetra da Apollo, il dio musico, cominciarono un canto inneggiando a Zeus padre e ad Era veneranda e agli altri immortali. Risuonava la cima dell’Olimpo.

     Lieve come una piuma, cinta di nastri smaglianti, sfarfallava intorno Ebe, figlia di Zeus e di Era, versando nell’auree tazze il nettare spumeggiante. Gli dei mangiando in piatti d’oro l’ambrosia che vince la morte, bevevano a grandi sorsi gioiosi.

     Si levavano di tanto in tanto, dai devoti altari odorosi dei templi, profumi di grasso, segno tangibile della devozione dei Greci verso i loro dèi, i quali non possono fare a meno dei sacrifici loro offerti dai mortali. Dalla sottostante valle di Tempe, ora che il mantello di nubi sulla vetta dell’Olimpo s’era del tutto dissipata, qualche pastore errante cercava di spingere lassù lo sguardo indagatore.

     Terminato l’inno agli dèi, le Muse col loro canto divino cominciarono a rievocare l’origine e la discendenza della sacra stirpe dei Sempiterni, pressappoco come la insegnarono ad Esiodo 3 mentre pasceva gli armenti sotto il divino Elicone. 4

     Nel principio fu Caos, da Caos nacquero Erebo e la Notte; e da questi furono generati Etere e Giorno. Gaia 5 generò per primo Urano stellato, e poi, unitasi allo stesso, generò tra gli altri Oceano, Rea, Temi, Mnemosine e l’amabile Teti; per ultimo il più tremendo dei figli, Crono dalla mente torta, che prese in odio il suo genitore. Generò poi i ciclopi che diedero a Zeus il tuono e la folgore, e i Giganti.

     Continuavano il canto le Muse dalla bella voce, accompagnate dall’incantevole suono della cetra di Apollo, mentre gli dèi dilettandosi e scambiandosi di tanto in tanto battute salaci, vuotavano l’auree tazze.

                                         “Ma quanti da Gaia e da Urano nacquero

                                           ed erano i più tremendi dei figli, furono presi in odio dal padre

                                           fin dall’inizio, e appena uno di loro nasceva

                                           tutti li nascondeva, e non li lasciava venire alla luce,

                                           nel seno di Gaia; e si compiaceva della malvagia sua opera,

                                           Urano, ma dentro si doleva Gaia prodigiosa,

                                           stipata; allora escogitò un artificio ingannevole e malvagio”. 6

 

     E narrarono le Muse dall’amabile canto come Gaia fabbricò una grande falce dai denti aguzzi e incoraggiò i figli a fare con quella vendetta del padre scellerato. Tutti i figli furono presi dal timore e nessuno parlò; ma Crono, preso coraggio, si offrì per l’impresa. Gaia ne gioì e lo pose in agguato, in mano la falce.

                                           “Venne, portando la notte, il grande Urano, e attorno a Gaia

                                             desideroso d’amore incombette e si stese

                                             dovunque; ma dall’agguato il figlio si sporse con la mano

                                             sinistra e con la destra prese la falce terribile,

                                             grande, dai denti aguzzi, e i genitali del padre

                                             con forza tagliò, e poi via li gettò,

                                             dietro; ma non fuggirono invano dalla sua mano;

                                             infatti, quante gocce spruzzarono cruente,

                                             tutte le accolse Gaia e nel volger degli anni

                                             generò le Erinni 7 potenti e i grandi Giganti”. 8

 

     Crono, tagliati i genitali del padre, li gettò nel mare e dalla spuma del membro sortì lei, Afrodite, la dea dell’amore dalle  chiome dorate, su una conchiglia iridata.

     E Crono, deposto dal trono il padre, divenne a sua volta re dell’Olimpo, sposò la sorella Rea dalla quale ebbe dei figli. Ma come il padre, temendo di essere deposto dagli stessi – buon sangue non mente – li divorava appena nati; ma Zeus, ultimo dei figli, salvato dalla madre che, in sua vece, diede a Crono una pietra avvolta in fasce, spodestò il padre e lo costrinse a risputare i fratelli, coi quali divise la signoria del mondo. Zeus tenne per sé il cielo e l’etere; a Poseidone toccò il mare; Ade divenne signore degli inferi. La Terra e l’Olimpo rimasero in comune.

     Sempre soavemente cantando, le Muse narrarono l’avventura dei quattro fratelli nati dal Titano Giàpeto e dall’Oceanina Climene: Atlante, Menezio, Promèteo ed Epimèteo. E come Zeus costrinse Atlante a reggere sulle spalle la volta celeste per punirlo di aver partecipato alla lotta dei Titani contro gli dèi; come colpì col fulmine l’orgoglioso Menezio spedendolo all’Erebo; come punì Promèteo per aver rubato il fuoco agli dèi per darlo agli uomini, incatenandolo ad una colonna, dove un’aquila gli dilania il fegato che continuamente ricresce. E come per punire gli uomini, che Promèteo col fuoco aveva iniziato al progresso, Zeus fece formare con la terra una bellissima quanto stupida e malvagia donna, Pandora, e dopo averla fatta ornare da alcune dee, affidatole un vaso contenente tutti i mali, la mandò in dono al malaccorto Epimèteo, il quale contro il consiglio del fratello Promèteo di non accettare alcun dono da Zeus, l’accolse in casa e la sposò. Incuriosita, Pandora aprì il vaso e tutti i mali si diffusero sulla terra per l’infelicità del genere umano. Rimase nel vaso solo la Speranza.

     Narrarono poi la vicenda di Ercole e delle sue dodici Fatiche; di Stige 9 e del gran giuramento degli dèi; delle Moire; 10 di Peleo, Teti ed Achille; e molto altro ancora.

     Infine rievocarono la terribile battaglia dei Giganti contro gli dèi olimpi, infuriati perché Zeus aveva cacciato nel Tartaro i loro fratelli Titani. A tale ricordo, Zeus si scosse e si lasciò sfuggire un  lampeggiare di fulmini e un fragore di tuoni, accecando gli occhi e assordando gli orecchi   degli dèi. Le Muse impietrite si tacquero, cadde la cetra dalle mani di Apollo. Seguì un silenzio assordante. Finalmente Zeus si ricompose, gli dèi ripresero fiato, Ebe fu sollecita a riempire le coppe, e nell’immensa sala ritornò il buonumore. Riprese Apollo in mano la cetra e il plettro d’oro e le Muse ricominciarono la danza e il canto.

                                   

                                    “Così, dopo che gli dèi beati ebbero compiuto la loro fatica

                                      e coi Titani conclusa di forza la loro disputa d’onore,

                                      allora invitarono a prendere il trono e il comando,

                                      per i consigli di Gaia, l’olimpio Zeus dall’ampio sguardo

                                      sugli immortali, e lui distribuì a loro gli onori”. 11

 

     Cantarono tutto il giorno le Muse d’Olimpo dalla divina voce, e conclusero come avevano iniziato inneggiando a Zeus padre, a Era veneranda e agli altri immortali; suonò Apollo. Mangiarono e bevvero dilettandosi gli dèi; e, tramontato il Sole, si ritirarono ognuno nella propria reggia per il riposo. Anche Zeus s’addormentò, ed al suo fianco la divina Era.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Commenti più recenti

14.11 | 17:22

buonasera Beniamino, sono Rossana dell UNITRE, vorrei acquistare il suo libro in duplice copia, come mi devo regolare?Lei come sta? Scrive nuovi libri? SALUTI

13.12 | 17:28

bravo Beniamino, ammirevoli la costanza, la bravura, l'impegno nella stesura di queste opere, così complesse, con risultati veramente eccellenti