INTRIGHI E TRADIMENTI
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INTRIGHI   E   TRADIMENTI

 

     Atene, per molto tempo, non volle credere che gli Ateniesi in Sicilia avessero subito la distruzione totale della flotta e dell'esercito. Quando fu convinta, s'adirò contro coloro che avevano consigliato di fare la spedizione e i vacinatori e gl’indovini. Gli Ateniesi temevano che i loro nemici avrebbero fatto vela verso il Pireo per assalirli; in effetti un esercito spartano riprese a devastare l'Attica, ma senza osare assalire Atene. Tuttavia decisero che si doveva resistere e cercare di ricostituire una flotta al più presto possibile; e, avendo bisogno di denaro, inasprirono l'imposizione dei tributi ai membri della Lega delio-attica. I quali, già delusi per la disfatta della Città egemone, decisero di abbandonarla: l'Eubea e Lesbo mandarono ambasciatori al re spartano Agide148 che era a Decelea,149 senza consultare Sparta, per trattare la defezione. Anche Chio ed Eritre, pronti a ribellarsi, si rivolsero a Sparta, e con i loro ambasciatori c'era un inviato di Tissaferne,150 satrapo del re di Persia Dario151 in Asia Minore. Anche Tissaferne e Fernabazo,152 satrapo persiano della Frigia Ellespontina, entrambi col problema di riscuotere tributi per il re, spingevano i Peloponnesi contro Atene, abbandonata anche dagli alleati Clazomene, Efeso, Mileto e Mitilene.

     Sparta, dunque, prendeva coraggio e ardeva più di prima dal desiderio di distruggere Atene e ottenere l'egemonia sulla Grecia.

     Alcibiade, oltre a consigliare gli Spartani a spedire Gilippo a Siracusa, li consigliò anche di muovere guerra agli Ateniesi nella propria Città, e in più di occupare e fortificare Decelea, per controllare il territorio e impedire ad Atene gli approvvigionamenti dall'Eubea. Inoltre, siccome si conformò ai sobri usi e costumi spartani, si guadagnò la stima e la simpatia di molti. Ma si guadagnò anche l'amore della regina Timea, moglie del re Agide, che non seppe resistere al fascino del bell'Alcibiade. Quando Agide tornò dalle esercitazioni militari, si ritrovò un marmocchio; saputo del tradimento, rifiutò la paternità al fanciullo e prese ad odiare Alcibiade, il quale si scusò dicendo ch'era suo intento di contribuire alla continuità della dinastia di un trono glorioso come quello di Sparta; ma capì che gli conveniva cambiare aria per non essere accoppato; e, imbarcatosi in una flottiglia verso l'Asia, passò dalla parte della Persia, affidandosi a Tissaferne e offrendo i suoi servigi contro Sparta.

     Tissaferne, essendo un profittatore e di natura malvagia, apprezzò la versatilità e l'abilità di Alcibiade e si lasciò conquistare dall'Ateniese; il quale, temendo che Sparta potesse prendere il sopravvento su Atene e si vendicasse nei suoi confronti, lo consigliava di lasciare che la supremazia sulla Grecia fosse divisa tra i due contendenti, lasciandoli logorarsi da soli.

 

     "Alcibiade a Tissaferne e al re, vivendo presso di loro, dava questi consigli, sia perché li considerava ottimi, sia perché mirava di tornare in patria. Presentiva che, se non l'avesse distrutta, egli avrebbe potuto un giorno persuaderla a richiamarlo, e giudicava che avrebbe potuto farlo più facilmente se avesse mostrato agli Ateniesi che Tissaferne era suo amico".153

 

     Intanto il Gran Re e gli Spartani, intermediario Tissaferne, stipularono il primo dei tre contratti:

 

     "A questi patti il re e Tissaferne hanno stipulato un trattato di alleanza con gli Spartani e i loro alleati. Tutte le regioni e le città possedute dal re e possedevano i padri del re, siano del re; i denari e i tributi che da queste città esigevano gli Ateniesi, insieme impediscano il re, gli Spartani e gli alleati che li piglino gli Ateniesi, sia denaro o in diversa natura. Facciano insieme la guerra contro gli Ateniesi il re, gli Spartani e gli alleati; porre fine alla guerra con gli Ateniesi non sia ammesso se non lo decidano entrambi, il re e gli Spartani con i suoi alleati. Se qualcuno defezionerà dal re, sia nemico degli Spartani e degli alleati, e se qualcuno defezionerà dagli Spartani e dagli alleati, sia nemico del re".154

 

     Tale alleanza indusse gli oligarchi Ateniesi a voler cambiare istituzione; accusarono i democratici degli ultimi disastri e cominciarono a far spargere la voce che i Persiani avrebbero cambiato parere e avrebbero scelto gli Ateniesi come alleati, se questi avessero abolito la democrazia.

     Per favorire questo cambiamento, Alcibiade tesse le sue trame con gli ufficiali della flotta ateniese di base a Samo. Gli ambasciatori inviati ad Atene insieme a Pisandro,155  parlando in assemblea, caldeggiano tale tesi, in più dicono che conviene richiamare Alcibiade. Molti, soprattutto i nemici del fuggiasco, dapprima si opposero a queste proposte; poi, poiché Pisandro insistette che non c'era altro modo di salvarsi, il popolo cedette. Pisandro aveva fatto le proposte, ma l'ispiratore e il principale artefice del colpo di Stato oligarchico era Antifonte di Raminunte;156 anche Tiramene di Agnone157  e Frinico di Stratonide158 furono tra i personaggi che congiurarono per abbattere la democrazia.

 

     "Questa impresa, mandata avanti da molti personaggi intelligenti, non è strano che procedesse nonostante la sua difficoltà: difficile infatti era togliere la libertà al popolo d'Atene circa cento anni dopo la caduta dei tiranni, popolo che non solo non era soggetto, ma che per la metà di questi anni si era avvezzato a comandare gli altri".159

 

     L'assemblea generale, convocata nel demo di Colono in un recinto sacro a Poseidone, anziché nella Pnice160  come da tradizione, decretò nel quattrocentoundici il cambiamento costituzionale. Fu instaurata la Boulé161 dei Quattrocento ateniesi scelti da una lista di cinquemila cittadini, i quali, riuniti nel Bouleuterion, avrebbero governato nel modo migliore nell'interesse della Città. Inoltre fu abolita la γрαϕὴ παрανόμων, l’istituto giuridico che comportava una limitazione alla libertà di espressione in assemblea; e fu stabilito che da allora nessuna magistratura sarebbe stata retribuita.

     A Samo, i comandanti della flotta, Leone, Diomedone, Trasibulo e l’oplita Trasillo si opposero al cambiamento.

     I Quattrocento governarono attraverso l’intimidazione e la forza, uccidendo alcuni capi dell’opposizione e imprigionandone altri.

 

     “Il popolo se ne stava tranquillo ed era talmente terrorizzato da ritenere una bella fortuna se uno non subiva violenza, anche se taceva”.162

 

     Da Samo, dove erano stati eletti due soli strateghi, Trasibulo e Trasillo, in un’assemblea fu decretato il ritorno e l’immunità per Alcibiade. Trasibulo si recò da Tissaferne e lo riportò nell’isola, pensando che fosse l’unica salvezza staccare Tissaferne dai Persiani. Convocata un’assemblea, Alcibiade accusò i propri nemici che l’avevano costretto all’esilio; e, per spaventare gli oligarchi di Atene e ispirare fiducia ai Sami, vantò la sua potenza presso Tissaferne. Quelli eleggono anch’egli stratego, gli affidano il comando, e per vendicarsi contro i Quattrocento volevano far vela verso il Pireo.

 

     “Chiunque altro, divenuto all’improvviso grande e potente grazie al favore della folla, l’avrebbe accontentata, ritenendo di dover compiacere subito in tutto e non contraddire in nulla coloro che, da esule errante, in così breve tempo, lo avevano fatto capo e generale di una flotta così numerosa e di una forza militare tanto ingente; ma non Alcibiade: come si addice a un grande capo, seppe resistere ai concittadini trasportati dall’ira e così, impedendo loro di commettere un grave errore, in quell’occasione salvò senza dubbio la Città. Infatti se quelli, levata l’ancora, fossero salpati alla volta della patria, il nemico avrebbe potuto impadronirsi subito e senza combattere di tutta la Ionia, dell’Ellesponto e  delle isole; dopo di che gli Ateniesi avrebbero combattuto gli uni contro gli altri portando la guerra sin dentro le mura della Città”.163

 

     Il regime dei Quattrocento rimase al potere poco meno di quattro mesi, e venne spazzato via dalla rivolta cittadina e da alcuni stessi conservatori guidati da Teramene, il “coturno”,164  a seguito della sconfitta nella battaglia navale di Eretria 165  e alla defezione dell’Eubea. Il Consiglio dei Quattrocento fu sciolto e sostituito con uno dei Cinquemila, che estese i diritti politici a tutti coloro che erano in grado di portare le armi. Frinico fu ucciso; Pisandro fuggì; Antifonte venne processato come traditore e condannato a morte.

     Ma da parte dei marinai ci fu una rivolta, i quali minacciarono di non far più arrivare vettovaglie ad Atene se non si fosse restaurato un governo democratico. Era la fame. La popolazione si rivoltò, gli oligarchi fuggirono, e i democratici tornarono al potere.

     Ad Atene si chiedeva il ritorno di Alcibiade, ed egli desiderava di ritornare in patria, ma non a mani vuote con dubbia accoglienza; ma dopo aver compiuto qualche grande impresa, in trionfo. Contribuì alla vittoria contro gli Spartani davanti ad Abido,166 (la prima delle battaglie del Peloponneso nella quale non ci soccorre la narrazione di Tucidide e bisogna accontentarsi di Senofonte,167 di Teopompo di Chio 168 e Eforo di Cuma 169), e alla vittoria di Cizico.170

     Dopo aver vinto tante volte il nemico ed eretto dei trofei, Alcibiade salpò alla volta di Atene 171 con le triremi adorne di scudi e al seguito molte navi catturate cariche di spoglie e polene. Mentre attraccava, era, strano a dirsi, emozionato e quasi timoroso. Ad accoglierlo festosamente gran parte della cittadinanza, ma “scese dalla trireme solo quando ebbe visto dal ponte suo cugino Eurittolemo con altri amici e parenti”.172

     Gli Ateniesi gli fecero omaggio di molti doni, lo elessero stratego autokrator e decretarono che gli venissero restituiti i beni confiscati. Alcuni desideravano di averlo come tiranno. Il decreto per il ritorno di Alcibiade era stato approvato da Crizia di Callescro.173

     Durò poco: i cittadini più potenti, gelosi dei suoi successi e spaventati di tanta popolarità, si adoperarono perché Alcibiade riprendesse il mare. Salpato con cento navi, dopo diverse battaglie si ritirò nei propri possedimenti nel Chersoneso Tracico.

     L’ultima brillante vittoria Atene la conseguì alle Arginuse,174  ma fu il canto del cigno. La flotta ateniese, comandata da otto strateghi e composta da navi appena costruite e con equipaggi inesperti, allestita d’urgenza, sconfisse le triremi spartane comandate da Callicratida, 175 che tenevano in scacco quelle comandate da Conone.176

     Ma al ritorno, il dio Poseidone destò una terribile tempesta che causò il naufragio dei vincitori, e impedì alle navi incaricate di recuperare i sopravvissuti e i cadaveri. Gli strateghi furono processati davanti all’assemblea popolare e sei di loro furono giustiziati.

 

 

 

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Commenti più recenti

14.11 | 17:22

buonasera Beniamino, sono Rossana dell UNITRE, vorrei acquistare il suo libro in duplice copia, come mi devo regolare?Lei come sta? Scrive nuovi libri? SALUTI

13.12 | 17:28

bravo Beniamino, ammirevoli la costanza, la bravura, l'impegno nella stesura di queste opere, così complesse, con risultati veramente eccellenti