UNO STRANIERO PARTICOLARE
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     Giunse Hermes in Atene, avendo assunto le sembianze d’un marinaio, dunque senza pètaso né caducèo e, percorrendo la Via Sacra, si diresse verso il centro.

     Era un mattino di primavera, il cielo era d’un azzurro che nemmeno in Olimpo si vedeva, e il sole brillava. La gente si era riversata sulle strade, ed era ovunque un festoso brulichìo e chiacchierìo. Erano stati ristrutturati gli spalti, le strade e le fontane, e la città si presentava bella e altera come una regina. E proprio davanti ad una fontana, nei pressi del quartiere popolare del Ceramico, erano assembrate, in attesa del proprio turno, alcune donne che conversavano animatamente.

     Hermes si avvicinò, sentì che si parlava di teatro, di Euripide e di Medea, e rimase in ascolto. Le donne interruppero il discorso e, notando che si trattava d’uno straniero, l’osservarono incuriosite. Melissia, una fanciulla bruna dallo sguardo vivace, che in quel momento stava riempiendo la propria brocca, si voltò e, vedendo il giovane, gli domandò: “Vuoi bere, straniero?” Ma sarà stato un falso movimento nello scostarsi o una certa emozione, la brocca le cadde di mano e andò in frantumi. Melissia allargò le braccia con un certo disappunto; qualcuna rise.

     Arrivò un’altra donna con una grossa brocca, e: “Salve, care”, salutò. Poi, vedendo i cocci per terra: “Cos’è successo?”

     “Melissia ha rotto la brocca”, rispose una delle donne, che intanto si apprestava a riempire la propria. E mentre le altre riprendevano a conversare, la nuova arrivata, sentendo che si parlava di teatro, intervenne: “Medea? Andate anche voi a vederla? Ormai ne parlano tutti”.

     “Ma certo”, fu la risposta corale.

     “C’è anche Sofocle, e poi Euforione, il figlio di Eschilo”, disse una delle donne.

     “Ma con una tragedia sua o ancora con una del padre?” chiese un’altra.

     “Il padre era tutt’altra cosa”, sentenziò una terza.

     Intanto Melissia  si avviò verso casa e Hermes la seguì. Quando la raggiunse, lei lo guardò e: “Come ti chiami?” gli chiese.

     “Aristide”, rispose.

     “Sei un marinaio, da dove vieni?”

     “E’ una lunga storia. Navigavamo dall’Asia verso la Sicilia, quando Poseidone suscitò una grande tempesta e un’onda altissima fece capovolgere la nave, che poi s’inabissò. Tutti i miei compagni perirono; io riuscii ad afferrarmi a una tavola, sulla quale mi avvicinai alla terra, poi a nuoto raggiunsi la riva”.

     “Come Odisseo…”

     “Pressappoco”.

     “Ma sai che assomigli ad uno che mio padre ha dipinto sopra un vaso? Solo che quello ha il berretto e tiene in mano una specie di bastone. Mio padre ha detto che si tratta di un dio, ma non ricordo il nome… con tutti gli dèi che abbiamo non è facile ricordarli tutti. Se non vai via presto, alla prima occasione te lo farò vedere”.

     “Ma tu hai mai visto qualche dio?”

     “Io no, ma tanti raccontano di averne visti, perché gli dèi vivono anche fra di noi. Una mia amica mi raccontò di aver visto Atena in carne e ossa, la nostra bellissima protettrice, questa qui, guarda…”, e così dicendo si portò la mano al collo, dove in una catenina d’oro portava l’effigie della dea. Ma: “Per Zeus!” gridò con un sobbalzo: “mi è sparita la catenina”.

     “L’avrai lasciata a casa”, cercò di rincuorarla Hermes.

     “Non me la sono mai tolta da quando mia madre, in punto di morte, me l’ha messa al collo”.

     Melissia guardò per terra, tornò indietro, ma nulla. Rassegnata, riprese il cammino.

     Giunsero davanti a una statua di Apollo, Melissia si fermò: “Guarda com’è bello! Ce ne sono sparse per tutta la città, ma questo è il più bello”.

     Quando si rimisero in strada: “Di’ un po’”, chiese Hermes: “conosci un certo Socrate?”

     “Socrate, e chi non lo conosce? Si aggira sempre, scalzo e impataccato, per le strade o in piazza; ha il naso grosso e gli occhi sporgenti; se lo incontri non ti sarà difficile riconoscerlo. Anzi, appena ti vede, sarà lui ad avvicinarti, e ti chiederà: “Di’ un po’, sapientone, cos’è il bene?”, oppure: “Cos’è il santo?” E ti si attaccherà, come dice lui, come un ‘tafano’, e non ti mollerà più”.

     Giunsero vicino all’abitazione di Melissia, una casetta modesta ma pulita, tutta fiori, con un ampio cortile. Salutandolo Melissia disse: “Io tutte le mattine verso quest’ora vado alla fontana per l’acqua; se vuoi, sai dove trovarmi. Io intanto parlerò con mio padre e alla prossima occasione te lo presenterò e gli farai un po’ di compagnia; lui è sempre a lavorare, fa il vasaio, e da quando mio fratello è andato in guerra è rimasto solo”. E si salutarono.

     Percorrendo una strada tortuosa, tra case male allineate, qua e là qualche platano sotto la cui ombra qualcuno faceva una sosta, respirando l’aria profumata, Hermes giunse nell’Agorà. La piazza, centro di Atene, era affollata di gente. In un disordine pittoresco, tra altari, statue di dèi e di eroi, negozi di libri, di casalinghi, di verdura e vino, banchi dei cambiavalute, tra un vociare confuso, si muovevano persone di ogni età e di varia provenienza. La vita scorreva tra operosità ed ozi.

     Hermes si guardò intorno, girò qua e là, percorse i portici che circondavano la piazza, dove si aggiravano artigiani, artisti, magistrati, giocolieri, sfaccendati, e qualche filosofo seguito da un gruppo di discepoli, ma non vide Socrate. Infine chiese a uno degli uomini intenti a leggere gli avvisi pubblici affissi sul tronco di un albero se l’avesse visto. Quello gli rispose che da qualche giorno Socrate non si vedeva, e un altro aggiunse: “Sarà andato da Teodata: quando va da quella donna, per alcuni giorni non si vede”.

     Hermes girò ancora per Atene, e al tramontar del sole si diresse verso l’Acropoli, dove avrebbe trascorso la notte. Ma prima di addormentarsi, si ricordò di Melissia, e le inviò un sogno, in cui si vedeva la statua di Apollo, quella davanti alla quale si erano fermati, e un messaggio che lì avrebbe trovato la sua catenina.

     La mattina seguente, Melissia si risvegliò tutta contenta, perché anche certi sogni vengono dagli dèi. Si precipitò verso la statua, e trovò la sua catenina appesa al pene di Apollo.

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Commenti più recenti

14.11 | 17:22

buonasera Beniamino, sono Rossana dell UNITRE, vorrei acquistare il suo libro in duplice copia, come mi devo regolare?Lei come sta? Scrive nuovi libri? SALUTI

13.12 | 17:28

bravo Beniamino, ammirevoli la costanza, la bravura, l'impegno nella stesura di queste opere, così complesse, con risultati veramente eccellenti