L' I M P E D I C O
      “Mi manda la mamma per un po’ d’impedico”.

     Il mastro d’ascia , un omone burbero e pur bonario, dall’ampia fronte, i corti capelli nerissimi e una lunga matita dietro l’orecchio destro, distoglieva gli occhi bovini dal suo lavoro e mi guardava con un sorrisetto, poi riprendeva a piallare, a segare, a martellare. Quasi sempre così; ed io lì ad aspettare che finalmente si decidesse a consegnarmi quel benedetto impedico da portare alla mamma.

     Non che nell’attesa mi annoiassi, anzi, per me quella bottega di falegname aveva l’aspetto del regno dei balocchi. In un periodo in cui in quel paese quasi non esistevano i giocattoli, e la massima aspirazione di noi maschietti era una palla di gomma e delle femminucce una bambola di pezza, quegli attrezzi del falegname assumevano nella mia mente aspetti fantastici. Pialle, lime, scalpelli, tutto s’animava. Si animavano quegli strumenti nelle mani del mastro; e fra segatura, trucioli e spezzoni, ecco uscire dalla morsa del grande banco un fusaiolo, un piede di sedia, un’anta d’armadio! E anche quegli odori m’erano graditi: odori di legno, di colla, di vernici.

     La luce che entrava dall’inferriata illuminava l’ambiente. C’erano allineate lungo le pareti, opere in attesa d’essere ultimate o già pronte per la consegna. E c’erano zoccoli, doghe, infissi, tavolini… e in un angolo, un po’ in penombra, una cassa dalla forma strana, con una croce sul coperchio. E c’erano assi appena sbozzati che, come per magia, tutto avrebbero potuto diventare. Ci pensava la mia fantasia a far saltare fuori, da quei pezzi, esseri fantastici, spiriti e folletti.

     Ma l’impedico, quello no, proprio non riuscivo ad immaginarmelo; la parola mi faceva pensare a qualcosa che potesse avere a che fare con un piede, ma l’immagine rimaneva molto vaga. Certo doveva trattarsi di qualcosa di molto valore o di molto raro, dato che il mastro s’ostinava a non volermelo consegnare. Quando, di tanto in tanto, mi dava un’occhiata, trasalivo: pensavo che si fosse ricordato dell’impedico, che ne avrebbe parlato; invece, mi raccomandava di stare attento, di non farmi male o, peggio, scuoteva la mano per farmi capire ch’ero al limite delle botte.

     Finivo col tornarmene a casa con pochi pezzi di legno per il focolare o con qualche uccelletto che il mastro aveva cacciato.

     Una mattina, mentre mi baloccavo in mezzo ai trucioli e mettendomeli sulla testa come riccioli biondi mi figuravo il più bell’angioletto di questo e dell’altro mondo, entrò un bimbetto più o meno della mia età, biondino, pieno di foruncoli e “moccicoso”. Non salutò né disse una parola. Il mastro prese da un cassetto del banco una gavetta, che emise un rumore misterioso, e nel porgergliela mi parve che gli facesse l’occhietto. Fu per me una rivelazione: l’impedico era certamente lì dentro, racchiuso in quella gavetta.

     Il bambino la prese e imboccò la porta di corsa, ed io dietro. Quando s’accorse d’essere inseguito, accelerò la corsa, il che rafforzò il mio convincimento. Lo raggiunsi a metà d’un polveroso viottolo, che conduceva al paese; lo afferrai per i calzoncini, rotolammo per terra; ruzzolò la gavetta giù per una scarpata, con gran fracasso.

     Mi divincolai, e mentre l’altro urlava come un ossesso, mi precipitai da quella parte. Afferrai lo scrigno, sconficcai il coperchio, guardai dentro, lo capovolsi: era maledettamente vuoto! Ma la gavetta continuava a fare rumore. Mi accorsi che c’era un doppiofondo, l’aprii: c’era… c’erano delle lettere, delle lettere di legno intarsiate di motivi floreali: una O, una T, una A, una I e una M. Mi sembrò che la cosa migliore fosse dividere il contenuto e fare la pace. Ne presi tre e consegnai al piccolo, che intanto mi aveva raggiunto, le altre due con tutta la gavetta.

     Ma se davvero era quello l’impedico, era proprio il caso che il mastro si facesse tanto pregare e che quel moccioso continuasse a strillare?!

 


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Commenti più recenti

14.11 | 17:22

buonasera Beniamino, sono Rossana dell UNITRE, vorrei acquistare il suo libro in duplice copia, come mi devo regolare?Lei come sta? Scrive nuovi libri? SALUTI

13.12 | 17:28

bravo Beniamino, ammirevoli la costanza, la bravura, l'impegno nella stesura di queste opere, così complesse, con risultati veramente eccellenti