DELLA GUERRA DI TROIA

     Per dilettare gli dèi, le Muse quel giorno scelsero alcuni episodi della guerra di Troia. Gli dèi s’assisero sui propri troni d’oro nell’immensa sala, ma colsero subito due novità: anzitutto come coppiere al posto di Ebe c’era Ganimede, il più bel giovinetto tra i mortali, che Zeus, trasformatosi in aquila aveva rapito  nella pianura di Troia perché gli servisse il nettare, e non solo. Ed Era, ancora una volta, non perse l’occasione di rinfacciarlo al gaudente sposo. Inoltre il posto di Artemide, tra Afrodite ed Estia, era vuoto. Zeus, notando l’assenza della dea, chiese burbero ad Apollo:

     “E tua sorella, è sempre a caccia?”

     “L’ho attesa invano questa mattina nella mia dimora, a Delfo; di solito, col suo arco e le frecce, al mattino arriva puntuale”, rispose Febo.

     “Quando mi chiese di poter vivere libera e illibata, tra boschi e valli”, sospirò Zeus, “di malavoglia  cedetti, ma in cuor mio speravo che col tempo… ma tanto i figli, si sa, vanno per la loro strada”.

     Apollo, intonata la cetra, cominciò a suonare, e le Muse, dopo il consueto inno a Zeus padre, a Era veneranda e agli altri immortali, mentre gli dèi iniziavano il banchetto, danzando cominciarono a rievocare alcuni episodi della guerra di Troia. Dopo aver ricordato la causa che la scatenò, cioè il ratto della bellissima Elena, moglie del re di Sparta Menelao, ad opera di Paride, figlio di Priamo, re di Troia, rimembrarono alcuni interventi degli dèi.

     Cominciarono con la lite tra Zeus ed Era, impegnati negli opposti schieramenti: il primo a favore dei Troiani, la seconda dei Greci, e l’intervento pacificatore del figlio Efesto. 12 Cantarono poi il Concilio degli dèi sull’alto Olimpo intorno a Zeus, secondo cui i Troiani dovevano restituire Elena ai Greci e porre fine alla guerra. Ma Era e Atena, le fiere nemiche di Troia, frementi di sdegno contro Zeus, s’opposero, esigendo che la guerra continuasse fino alla rovina d’Ilio. 13 Ricordarono a questo punto, le Muse dal bel canto, il motivo dell’avversione delle due dee contro Paride e contro tutti i Troiani: il pomo della discordia.

     Al tempo delle nozze tra Peleo e Teti, mentre Apollo suonava la cetra e gli dèi partecipavano al banchetto, Eris, la dea della Discordia, s’intrufolò nell’ ampia sala e lanciò sulla mensa una mela d’oro sulla quale stava scritto: ‘Alla più bella’. Le tre dee, Era, Atena e Afrodite,arsero di reciproca invidia: chi doveva possedere il pomo? Toccò a Zeus rimettere il giudizio ad un arbitro, e il prescelto fu proprio Paride, il quale lo assegnò ad Afrodite, che ne fu grata al giovane troiano, mentre le altre due masticarono amaro e gli giurarono vendetta.

     Le Muse, sempre accompagnate dalla cetra di Apollo, seguitarono le danze e cantarono la ferita di Afrodite da parte di Diomede, 13  il quale inseguendola, la insultò e la ferì alla mano. La Dea dell’amore volò dall’alma genitrice Diona, 14  che l’accolse sul seno consolandola. E le due dee rivali poi la schernirono.

 

               “Riser Era e Atena a quella vista;

                 e con amaro motteggiar la Diva

                 dalle glauche pupille il genitore

                 così prese a tentar: Padre, senz’ira

                 un fiero caso udir vuoi tu? Ciprigna, 14

                 qualche leggiadra Achea sollecitando

                 a seguir seco i suoi Teucri diletti,

                 nel carezzarla ed acconciarle il peplo,

                 a un aurato ardiglione, ohimè! s’è punta

                 la dilicata mano. Il sommo Padre

                 grazϊoso sorrise; e a sé chiamata

                 l’aurea Afrodite: Figlia, le dicea,

                 per te non sono della guerra i fieri

                 studi, ma l’opre d’Imeneo soavi.

                 A queste intendi; ed il pensier dell’armi

                 tutto ad Ares lo lascia e ad Atena. 15

 

     Riguardò, a questo punto, proprio Ares, il dio della guerra, il canto della Muse, Ares, il voltafaccia Ares, pronto a promettere di favorire ora i Greci ora i Troiani. Rintuzzato da Apollo, dopo aver rincorato i Troiani incitandoli alla lotta, si buttò egli stesso nella mischia, intento ad aggredire il bellicoso scatenato Diomede. E fu proprio Diomede, non contento di aver ferito Afrodite, complice Atena, che infisse l’asta nel ventre al povero sanguinario dio della guerra. Il quale, mugolando, in una nera nuvola s’involò alla casa del padre a chiedere soccorso al sommo Zeus. E Zeus, come dio degli dèi si mostrò irritatissimo verso quel dio malvagio a lui odioso e a tutti i Celesti perché amante delle risse e delle battaglie; ma poi, come padre, impietosito, finì col raccomandarlo alle cure del medico Peone.

     Continuarono il bel canto le Muse. Fu la volta della teomachia, il combattimento fra gli dèi. Accesi da un ardore di battaglia, scesero in campo: dalla parte dei Troiani Ares, Apollo e Artemide con la loro madre Latona, Afrodite, e addirittura il fiume divino Xanto; coi Greci Era, Poseidone, Atena, Hermes ed Efesto. Terribili urla e fragore percossero il campo. Gli dèi, eccitando i due eserciti, commisti a loro, si azzuffarono; mentre Zeus assistendo imparziale dall’Olimpo al divino conflitto, tra un tuono e l’altro, se la rideva.

     L’ultima parte le Muse la dedicarono ai due protagonisti della guerra di Troia: Ettore e Achille. Narrarono le loro gesta, l’intervento degli dèi a favore dell’uno o dell’altro. Greci o Troiani? Achille o Ettore? Vinsero i Greci; vinse Achille, uccidendo il rivale. Ma già, puntuale, inflessibile, l’incalzava la Parca. 16  Infatti l’Eroe cui il fato aveva concesso di scegliere tra una vita lunga e senza gloria e una vita breve e gloriosissima, aveva preferito quest’ultima, quindi era votato alla gloria e alla morte; e l’amabile dolente madre, la divina Teti, glielo aveva profetizzato: “Dopo quello d’Ettòr pronto è il tuo fato”. 17

     Ma non appena tramontò il Sole, dopo aver sollevato vinti e vincitori le coppe, e ascoltato dalle Muse l’inno a Zeus padre, a Era veneranda e agli altri immortali, gli dèi con un po’ di nostalgia s’avviarono alle proprie regge. Hermes canticchiava il peana; Afrodite si riguardava la ‘dilicata mano’, benché della ferita non avesse conservato traccia; Ares, petto in fuori, chiudeva il corteo.

     Zeus, ancora una volta, se la rideva sotto i baffi.

 

 

 

 

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Commenti più recenti

14.11 | 17:22

buonasera Beniamino, sono Rossana dell UNITRE, vorrei acquistare il suo libro in duplice copia, come mi devo regolare?Lei come sta? Scrive nuovi libri? SALUTI

13.12 | 17:28

bravo Beniamino, ammirevoli la costanza, la bravura, l'impegno nella stesura di queste opere, così complesse, con risultati veramente eccellenti