LO SCHIAFFO
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     Era lì, davanti a me, con l’aria di chi volesse interrogarmi.

     Seduto su una panchina del parco pubblico, stavo leggendo il giornale e non mi accorsi  da dove fosse arrivata, né da quanto tempo mi stesse fissando. Quando alzai lo sguardo, distolse il suo e accennò qualche passo. Lentamente, come se si aspettasse una qualche mia reazione.

     Era ancora una bella donna, slanciata, bionda, fasciata in un lindo vestitino, e quel cappellino … e gli occhi …

     Avevo certo conosciuto quella donna; ma quando? ma dove?

     Guardai ancora nella direzione in cui si stava allontanando, e feci appena in tempo a vedere che mi dava un’ultima occhiata; poi scomparve dietro una siepe.

   Ripresi la lettura del giornale, dal punto in cui m’ero interrotto, dalla frase che mi aveva indotto alla riflessione: “E se il sole non dovesse più sorgere?”.

     C’era il sole quella mattina, ed era un bel sole tiepido, un sole che nasconde e fa dimenticare molte cose; e tutt’intorno era primavera.

     Avevo appena ripreso la lettura, quando fui interrotto dal rumore di un forte colpo. Sollevai gli occhi ed ebbi la conferma della causa: s’era trattato proprio d’uno schiaffo. Non molto lontano da me, sotto una Magnolia, una ragazza scarmigliata si copriva il viso con una mano, mentre un giovane la colpiva ancora. Nell’armonia che si diffondeva intorno quello schiaffo e gli altri che seguirono erano l’unica nota stonata.

   Di scatto, la ragazza fuggì; e il giovane rimase per un attimo col braccio sollevato, la mano aperta, fermo, come pietrificato, a guardarla.

     Ecco, ora c’ero: quella donna che poco prima stava davanti a me e mi fissava era Marina!

     Posai il giornale sulla panchina, mi alzai di scatto, e, prima a passi lenti, poi sempre più velocemente, mi diressi verso la siepe dove l’avevo vista scomparire. Non poteva essersi allontanata molto. Guardai intorno: dov’era Marina, dov’era andata a finire?

     Bambini si rincorrevano; uno reggeva il filo d’un aquilone; un altro, più piccolo, inseguiva i colombi; un pittore fissava la sua tela bianca; giovani sdraiati sull’erba. E tutt’intorno una frenesia di vivere, e nessuno si chiedeva se le cose fossero vere in sé o solo sensazioni. La primavera era di nuovo esplosa, mettendo di buon animo, rendendo più loquaci.

     Guardavo le panchine; guardavo dietro gli alberi; tra la gente; ma di Marina niente. Ma era poi Marina quella donna? E mi giungevano frasi, parole.

     “E’ proprio una bella giornata!”

     “Sono appena arrivata”.

     “”S’intrattiene tanto?”.

     “Sì, la montagna; ma il mare …”

     “Non strappare le margheritine”.

     “Come passa il tempo …”

     Già, come passa il tempo. Rivedevo Marina giovane, bella sorridente, il giorno che la conobbi. Era la vigilia di Capodanno; di che anno? Fu un colpo di fulmine. Ci salutammo ch’era quasi l’alba; non volle che l’accompagnassi a casa.

     La rividi dopo qualche giorno; poi ancora. Seppi che non aveva genitori, ch’era stata allevata da una estranea. Poi un giorno mi disse che le era difficile uscire, ma che avrebbe fatto di tutto. Tuttavia per un po’ di tempo non la rividi.

     Una mattina, anche allora era una mattina di primavera, me la vidi davanti come per caso. I capelli tagliati corti, senza il suo solito cappellino, il volto umiliato, senza sorriso, l’occhio spento. Dava la sensazione d’un bel prato su cui si fosse scatenato un uragano.

  Non ricordo quel che ci dicemmo, se pure proferimmo parola. Ricordo ancora, questo sì e chiaramente, lo schiaffo che le diedi prima di allontanarmi. Da quel giorno non la cercai più , né la rividi; anche se più volte ebbi la sensazione d’averla intravista, d’averla sfiorata.

     L’avevo forse sfiorata anche ora, durante questa mia ricerca e forse non me n’ero accorto. O forse m’ero molto allontanato. Ritornai sui miei passi. I bambini continuavano a rincorrersi. L’aquilone s’era aggrovigliato fra i rami d’un albero, e inutilmente il bambino tirava il filo; forse non avrebbe volato più. La tela sul cavalletto era ancora bianca, e il pittore sembrava incantato; forse dubbioso se farci stare il mondo o solo un pezzo di cielo. Un prete parlava di fede e, in un giorno così, le sue mi sembravano le parole più vuote.

     Ed ecco Marina: era dietro un albero; i lunghi capelli scarmigliati le coprivano il viso; dall’atteggiamento mi sembrava che piangesse.

     “ Marina !...”

     No, era la ragazza che poco prima era stata schiaffeggiata.

     E lo schiaffeggiatore era lì: seduto sulla panchina, si leggeva il mio giornale.

     E mi rassomigliava maledettamente.

  

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Commenti più recenti

14.11 | 17:22

buonasera Beniamino, sono Rossana dell UNITRE, vorrei acquistare il suo libro in duplice copia, come mi devo regolare?Lei come sta? Scrive nuovi libri? SALUTI

13.12 | 17:28

bravo Beniamino, ammirevoli la costanza, la bravura, l'impegno nella stesura di queste opere, così complesse, con risultati veramente eccellenti